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Il curatore di Eredità giacente

Il Curatore di Eredità giacente

La figura del Curatore di Eredità giacente appare ad una prima riflessione un soggetto di trascurabile applicazione, in quanto si ritiene che la semplice redazione di un testamento possa identificare facilmente i chiamati all’eredità e disciplinare la divisione dei beni.

Ma in realtà chi redige effettivamente un testamento? Quanti testamenti vengono attualizzati, affinché al momento della morte possano disciplinare il patrimonio esistente?

Quando il patrimonio ereditario è privo di un titolare, perché l’erede testamentario e/o il chiamato all’eredità fino al sesto grado non ha accettato e non è nel possesso dei beni ereditari, si parla di eredità giacente.

Qualora l’eredità sia giacente ed il patrimonio necessiti di essere preservato adeguatamente, si potrà ricorre al Tribunale per la nomina di un Curatore ai sensi dell’art. 528 e seguenti c.c..

Il Curatore non è un rappresentante dell’eredità, né dei chiamati, né del defunto, né dei creditori di questi, né dello Stato, egli è solamente il titolare di un ufficio di diritto privato che esercita un potere conferitogli dalla legge a tutela di un interesse pubblico ed amministra un patrimonio privo di personalità giuridica.

Legittimazione a richiedere la nomina

Sono legittimati a richiedere la nomina del Curatore di eredità giacente le persone, sia fisiche che giuridiche, che siano interessate all’eredità e alla sua conservazione.

Tra questi si possono annoverare i chiamati che abbiano rinunciato all’eredità e siano interessati a liberarsi dei beni di cui sono in possesso, i chiamati in subordine che hanno un interesse a non veder deprezzata l’eredità di cui potrebbero divenire titolari, i creditori del defunto e i legatari che hanno interesse a recuperare il loro credito senza dover attendere i dieci anni e senza veder pregiudicata la loro garanzia patrimoniale, coloro che per le più svariate ragione hanno interesse ad avere un interlocutore dell’eredità quali i promissari acquirenti oppure i conduttori che non sanno a chi versare il canone di affitto.

Compiti del curatore

Il Curatore viene nominato dal Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione (ovvero l’ultimo domicilio del defunto) che si occuperà anche di iscrivere il decreto di nomina nel Registro delle Successioni. Il Curatore dovrà svolgere un’attività di ricerca per verificare la consistenza del patrimonio ereditario.

Egli si rivolgerà ai Pubblici Registri, ovvero:

Catasto Fabbricati e Terreni, nonché Conservatoria per verificare l’esistenza di diritti reali su beni immobili;

Pubblico Registro Automobilistico e Navale per accertare la presenza di beni mobili registrati;

Camera di Commercio per appurare se il de cuius abbia quote e/o azioni di società, sia titolare di imprese individuali ovvero sia intestatario di cariche societarie.

Il Curatore dovrà inoltre accertare se risultino testamenti depositati presso Notai del circondario, se vi siano polizze assicurative (polizze “vita”) e quali siano i relativi beneficiari, dovrà richiedere l’accesso all’Anagrafe Tributaria per verificare l’esistenza di conti correnti, conti titoli, nonché cassette di sicurezza.

Nominato il pubblico ufficiale, cancelliere o notaio, incaricato di redigere l’inventario, il Curatore potrà accedere all’immobile per verificare la presenza e consistenza di beni mobili, come anche di beni digitali che possano facilitare la ricostruzione del patrimonio digitale del de cuius (tra cui le criptovalute).

L’inventario dovrà altresì contemplare la sussistenza dei debiti che dovranno essere pagati con le attività del patrimonio ereditario che saranno oggetto di liquidazione.

All’esito dell’inventario il Curatore dovrà depositare presso l’Agenzia delle Entrate la dichiarazione di successione che lo legittimerà nelle operazioni di vendita dei beni e gli consentirà di incassare le somme relative ai conti aperti dal de cuius presso i vari istituti di credito.

La vendita dei beni

La funzione del Curatore non ha natura liquidatoria, ma solo gestoria.

La vendita dei beni mobili ex art. 783 cpc deve avvenire entro il termine ordinatoria di 30 giorni successivi alla formazione dell’inventario, sempre che il giudice non disponga diversamente.

La vendita dei beni immobili è assolutamente residuale e prevista solamente ove sia necessaria per pagare i debiti indicati nell’inventario e quelli che si sono generati dopo la morte del de cuius.

La cessione del bene immobile deve essere prima autorizzata dal Giudice dell’Eredità giacente e quindi dal Tribunale in composizione collegiale, previo deposito di istanza ex art. 747 c.c., sempre che il Curatore sia in grado di dimostrare che la parte residua dell’attivo patrimoniale non sia sufficiente a pagare integralmente i debiti generati e generandi.

La vendita del bene immobile, presuppone che:

– venga effettuata una perizia di stima giurata ed asseverata da un esperto, che attesterà che non vi siano variazioni catastali ed urbanistiche che ne impediscano la vendita che dovrà avvenire dinanzi a Notaio;

– venga acquisita la relazione ventennale ex art. 567 cpc che possa dimostrare l’effettiva titolarità del diritto reale del de cuius e la sussistenza di eventuali gravami.

I predetti documenti verranno allegati all’avviso di vendita dell’asta che verrà indetta.

Il giudice dell’eredità giacente, aggiudicato il bene immobile, non avrà il potere di emettere un decreto di vendita con effetto purgativo, come nel caso delle vendite esecutive, per cui il Curatore dovrà ottenere assenso alla cancellazione dei gravami da parte dei creditori iscritti e trascritti.

Ove nel patrimonio ereditario fossero rinvenute partecipazioni in società di persone, il Curatore potrà richiedere solamente la liquidazione della quota ex art. 2284 c.c.

Al contrario, nel caso in cui vi siano partecipazioni in società di capitali, il Curatore dovrà gestire la quota, salvo che lo statuto non escluda il diritto di subentrare ex art. 2469 c.c.

La vendita delle partecipazioni societarie richiede solamente l’autorizzazione da parte del giudice dell’eredità giacente.

Le somme che verranno incassate dalla vendita della massa ereditaria dovranno confluire sul conto corrente intestato all’eredità giacente, cui deve essere attribuito un codice fiscale.

Gli adempimenti fiscali

Il D.P.R. n. 322/1998 e successive modifiche dispone che il curatore di eredità giacente debba presentare, nei termini ordinari, le dichiarazioni dei redditi di cui all’art. 187 del testo unico delle imposte sui redditi, nonché entro 6 mesi dall’assunzione dell’incarico:

la dichiarazione dei redditi del de cuius relativa al periodo d’imposta in cui si è aperta la successione;

la dichiarazione dei redditi posseduti dal contribuente deceduto nell’ultimo periodo d’imposta e, se il termine non era scaduto alla data della morte, quella dei redditi posseduti nel periodo d’imposta precedente.

Per quanto concerne i tributi locali sui cespiti immobiliari, il Curatore è tenuto a provvedervi seppur non rientri tra i soggetti menzionati dall’art. 3 del D.Lgs. n. 504/1992.

La ricerca dei chiamati all’eredità

Seppur la ricerca dei chiamati all’eredità non sia un obbligo espresso imposto al curatore di eredità giacente, tale adempimento rientra tra quelli essenziali che lo stesso deve svolgere per consentire l’attribuzione del patrimonio al legittimo titolare e la rapida chiusura della procedura.

In taluni casi il giudice dell’eredità giacente –identificati i chiamati all’eredità- può autorizzare l’actio interrogatoria ex art. 481 c.c.

Il Tribunale di Milano, secondo una recente prassi, qualora il Curatore abbia generato liquidità e nel patrimonio non siano residuati beni immobili autorizzerà la devoluzione alla Stato prima del decorso decennale dalla morte del de cuius, purchè sia accertato tramite un genealogista l’assenza di chiamati all’eredità fino al sesto grado di parentela.

Le operazioni di chiusura della procedura

Il Curatore dovrà depositare il rendiconto della propria gestione quando:

1. avrà ultimato l’attività liquidatoria dei beni mobili (sempre che non vi siano immobili);

2. siano decorsi 10 anni dalla morte del de cuius;

3. l’eredità venga accettata.

e quindi potrà ottenere la liquidazione dei propri compensi.

Nel primo caso procederà quindi a ripartire le somme ottenute dalla liquidazione dei beni ereditari tra tutti i creditori, secondo l’ordine di graduazione previsto dal Codice Civile.

Nel secondo caso consegnerà i beni al Demanio, mentre nel terzo caso vi sarà la devoluzione in favore degli eredi dopo che questi ultimi abbiano depositato la dichiarazione di successione e pagato le relative imposte.

La chiusura dell’eredità giacente si potrà avere anche nel caso in cui non vi sia attivo ereditario da ripartire.

Ci sia auspica che tale figura diventi sempre più di utilizzazione residuale e che le persone possano gestire al meglio il proprio passaggio generazionale con precise disposizioni testamentarie.

Lo Studio Marcheselli & Roberto nella persona dell’Avv. Valentina Roberto, che ha redatto il presente l’articolo, potrà assistervi nella predisposizione delle volontà testamentarie per favorire un passaggio generazionale senza difficoltà.